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20 Febbraio 2024

L’economia eco-digitale varrà 33mila miliardi di dollari entro il 2028

La riduzione della produzione di CO2 ottenibile grazie alle tecnologie dovrebbe superare l’aumento delle emissioni attribuito alle tecnologie stesse

Il potenziale di cambiamento del digitale? Enorme. Ma ancora più grande è l’impatto della duplice transizione che sta accompagnando la società verso un mondo più tecnologico e al tempo stesso più sostenibile. Quasi otto organizzazioni su dieci confermano come stiano affrontando questo percorso di evoluzione ma solo un quarto di queste ha sfruttato appieno le capacità e i vantaggi derivanti dall’utilizzo della tecnologia. A dirlo è un recente studio di Capgemini (“The Eco-Digital Era™: The dual transition to a sustainable and digital economy”), in collaborazione con il Digital Data Design Institute di Harvard.

Lo studio è basato sulle opinioni di 1.500 manager di grandi organizzazioni e 150 start up attive in 14 paesi, Italia compresa.

La corsa verso quella che gli analisti definiscono “economia eco-digitale” è destinata a raddoppiare di valore entro il 2028, sviluppando un giro d’affari di 33mila miliardi di dollari (oltre il 29% del Pil dell’Europa) e portando in dote risultati importanti anche in chiave ambientale. Stando al rapporto, negli ultimi cinque anni l’implementazione di soluzioni e strumenti digitali ha aiutato le aziende a ridurre il consumo energetico medio di quasi un quarto e le emissioni di gas serra del 21 per cento. Entro il 2028 la percentuale di riduzione della produzione di Co2 ottenibile grazie alle tecnologie digitali dovrebbe superare l’aumento delle emissioni attribuito allo sviluppo e all’utilizzo delle tecnologie stesse.

Protagonisti: dati, tool di analytics e cloud

L’era “eco-digitale” genererà valore rispetto ad alcune specifiche prerogative, quali il fatto di essere più collaborativa a livello di ecosistema e di poter abilitare più facilmente nuovi modelli di business e una maggiore efficienza dei costi, grazie all’utilizzo combinato di dati, cloud, piattaforme, prodotti e servizi connessi. Sette organizzazioni su dieci, in proposito, concordano sul fatto che le strategie di business orientate al digitale diventeranno un fattore determinante per la crescita dei ricavi nei prossimi tre-cinque anni, mentre il 60% delle aziende dichiara di voler raggiungere più velocemente i propri obiettivi di sostenibilità grazie al supporto delle tecnologie.

Se dati, tool di analytics e cloud saranno le voci che forniranno i vantaggi di business più incisivi nei prossimi cinque anni, leve di crescita importanti sono anche innovazioni mainstream ed emergenti come l’intelligenza artificiale generativa, l’edge computing e la biologia sintetica, al momento già prese in considerazione (o prossime a esserlo) da circa la metà (il 48% per la precisione) delle imprese oggetto di indagine. Il cambiamento, come spiegano gli esperti di Harvard, è realmente intersettoriale e una delle sfide più grandi che le organizzazioni devono gestire è sapere cosa centralizzare e cosa decentralizzare in termini di architettura delle piattaforme e di governance dei dati.

Quasi il 40% degli addetti sarà dedicato alle iniziative digitali

Gli investimenti rivolti a sostenere la trasformazione digitale, dalla cybersecurity all’automazione dei processi aziendali, conosceranno nei prossimi cinque anni i rendimenti più significativi, passando dall’attuale 4% al 14% previsto nel 2028 e alimentando un circolo virtuoso che ha per propulsore proprio l’adozione delle nuove tecnologie. Non meno importante, infine, sarà il tema delle competenze: quasi il 40% degli addetti aziendali sarà dedicato alle iniziative digitali nei prossimi 3-5 anni e questo significa affrontare una trasformazione significativa della forza lavoro per stare al passo con i progressi tecnologici su scala industriale.

La priorità: l’automazione di processi e flussi di lavoro

Se il 77% delle aziende a livello globale sta vivendo la transizione verso un mondo più tecnologicamente sostenibile, la percentuale di imprese italiane che riconoscono questo cambiamento è di poco inferiore (il 68%), pur se palese la minor sensibilità rispetto a questa tematica. Il Belpaese, non a caso, rappresenta al momento solo l’1,5% del valore dell’economia eco-digitale ma può vantare un indice di potenziale realizzato leggermente più alto (32% contro 25%). Un dato, quest’ultimo, che fa ben sperare e che va inquadrato in uno scenario che vede l’automazione di processi e flussi di lavoro essere la priorità principale in tema di investimenti per il 75% dei leader, seguita dal reskilling del personale (voce di spesa strategica per il 60% dei manager italiani) e dalle sperimentazioni per valutare il potenziale dell’Ai generativa (già partite nel 27% dei casi).

Fonte: Il Sole 24 ore (https://www.ilsole24ore.com/art/l-economia-eco-digitale-varra-33mila-miliardi-dollari-entro-2028-AFO0AVhC)

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