
Un’ estate a crescita zero. È quella vissuta dell’economia italiana secondo la stima preliminare diffusa ieri dall’Istat, che nel terzo trimestre dell’anno ha misurato una variazione nulla del Pil rispetto ai tre mesi precedenti mentre il differenziale rispetto allo stesso periodo del 2023 si ferma al +0.4%.
La prima conseguenza è la conferma, a fine settembre, di una crescita acquisita al +0.4%, un livello che rende praticamente irraggiungibile il +1% indicato come obiettivo del 2024 dal Governo nel programma di finanza pubblica, e complica parecchio anche l’ipotesi del +0.8% formulata dopo le ultime revisioni dei conti economici trimestrali comunicati dall’istituto di statistica il 3 ottobre scorso. Perché il dato annuale sarà aiutato a consuntivo da quattro giornate lavorative in più dell’anno scorso, che dovrebbero offrire un paio di decimali di crescita aggiuntiva lorda per gli effetti di calendario. Ma entrambi i numeri chiave nella stima preliminare di ieri indicano un rallentamento progressivo che imporrebbe al quarto trimestre un secco colpo di reni per invertire la rotta. Per la manovra al momento non cambia nulla, perché ovviamente il Governo non cambia gli obiettivi a ogni dato congiunturale: il punto sarà riuscire a centrare davvero i target di finanza pubblica, per evitare il rischio di interventi correttivi in caso contrario.
La flessione progressiva è evidente infatti sia sul piano congiunturale, cioè nel rapporto con il trimestre precedente, sia su quello tendenziale che poggia sul confronto con lo stesso periodo dell’anno passato. Sul primo terreno, la crescita zero misurata nel periodo di luglio-settembre segue il +0.2% del secondo trimestre e il +0.3% che era stato invece registrato nei tre mesi d’avvio dell’anno. Nel tendenziale il +0.4% indicato ieri segue il +0.7% e il +0.6% calcolati per i primi due trimestri dell’anno. La frenata, insomma, pare percorrere fin qui tutto l’arco dell’anno, regalato al momento a un acquisto del +0.4% che peraltro è figlio per un quarto dell’eredità statistica ricevuta dall’anno precedente. I dati definitivi arriveranno come di consueto fra un mese insieme al contributo dato dalle varie componenti alla dinamica congiunturale dell’economia italiana. Già le prime indicazioni abbozzate ieri dall’Istituto di statistica disegnano però l’ennesimo anello di una catena dall’aspetto ormai piuttosto strutturale dei problemi dell’economia italiana. Perché a evitare una variazione negativa è ancora una volta la crescita del settore dei servizi, verosimilmente trainato dal turismo per una banale ragione di stagionalità. Il segno <<+>> del terziario compensa l’ennesima << forte riduzione dell’industria>>, come la definisce l’Istat, affiancata come ormai di consueto dalla <<lieve contrazione del settore dell’agricoltura>>. In sintesi, insomma, ancora una volta turismo e servizi hanno riequilibrato la caduta del settore primario, con un contrappeso che però non può essere eterno. Qualche incognita in più arriva poi dalle prime analisi sugli impieghi. La domanda nazionale registra un apporto positivo <<al lordo delle scorte>>, mentre dalla componente estera netta arriva un contributo negativo.
Perché è vero che questa volta il dato italiano si rivela nettamente più opaco di quello dell’Eurozona (+0.4%), trainato dal +0.2% registrato un po’ a sorpresa in Germania e del +0.4% della Francia. Ma sul punto è importante, almeno per ora, evitare di confondere una variazione congiunturale da una dinamica più lunga ancora tutta da disegnare.
Perché l’affanno tedesco e la crisi di finanza pubblica francese non sono esattamente irrilevanti sulle prospettive della crescita italiana, per la ragione ovvia che Berlino e Parigi sono i due primi partner commerciali del Paese.
La frenata italiana arriva al termine di un periodo vivace, come ha ricordato ieri anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sottolineando che la ripresa dopo l’anno del Covid è stata da noi più ampia rispetto a quanto accaduto in Francia e Germania. Il problema è il presente e l’immediato futuro, sottolineato anche dalla linea piuttosto appiattita emersa dalle ultime revisioni dell’Istat che hanno limato al +0.7% la crescita 2023 dopo il +4.7% indicato nel dato definitivo sul 2022.
FONTE: https://www.ilsole24ore.com/